Negli ultimi anni è stato rilevato un aumento di certificazioni di Disturbi Specifici d’Apprendimento e di studenti con Bisogni Educativi Speciali nella scuola primaria, già dal primo ciclo.
In ogni classe ci sono alunni che presentano una richiesta di speciale attenzione per una varietà di ragioni: svantaggio sociale e culturale, disturbi specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici, difficoltà derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana perché appartenenti a culture diverse.
Questo mi porta ad una riflessione che può apparire poco piacevole agli addetti, ma attinente alla realtà: la continuità verticale tra scuola dell’infanzia e scuola primaria non è funzionale come dovrebbe.
Spesso questo importante passaggio si riduce ad una serie di incontri laboratoriali, mirati ad una conoscenza degli alunni piuttosto superficiale ed il passaggio di consegne e di conoscenze avviene in maniera piuttosto formale e frettolosa. La formazione classi prime si basa spesso su principi di residenza e vicinanza alla scuola o su semplici sorteggi.
Una puntuale osservazione sistematica durante tutto l’anno scolastico ed una progettazione d’interventi didattici ed educativi mirati, consentirebbero invece di portare avanti percorsi di prevenzione efficaci affinché i bambini possano affrontare i futuri processi di apprendimento con maggiore serenità e con un bagaglio di risorse personali più ricco.
Inoltre un procedimento osservativo continuo e condiviso tra docenti dei due ordini di scuola farebbe in modo da ottimizzare la formazione delle future classi prime in entrata alla scuola primaria, così da creare un ambiente favorevole per percorsi di cooperative learning e gruppi di bambini dove le differenze di ognuno possano diventare punti di forza.
Nell’istituto dove lavoro abbiamo applicato alla Scuola dell’Infanzia, per due anni un protocollo di osservazione per prevenire i Disturbi Specifici d’Apprendimento, ai bambini di cinque anni. È stato molto interessante ed ha offerto un’opportunità per migliorare ed aiutare chi ne aveva necessità, potenziandone le competenze, con conseguente riduzione delle difficoltà. I bambini hanno risposto positivamente, in quanto le schede o le attività proposte erano di tipo giocoso ed inserite nelle normali routine quotidiane.
L’insegnante metteva a disposizione il materiale utile allo svolgimento dell’attività e dava le indicazioni, successivamente non interferiva o correggeva. Sono state osservate le seguenti aree:
- organizzazione spaziale;
- produzione verbale;
- organizzazione temporale;
- coordinazione oculo – manuale e attività grafica;
- classificazione.
Tutta l’attività è stata svolta nell’ultimo periodo di scuola.
Quello che è emerso è stata la tranquillità con cui il lavoro assegnato è stato svolto da tutti. Nell’osservazione finale delle schede ed attraverso il confronto tra i docenti si è riscontrato che alcuni bambini hanno svolto il loro lavoro senza grandi problematiche, altri invece hanno presentato difficoltà più o meno significative non solo nell’apprendimento e nella conquista delle competenze di base, ma anche nell’instaurare una relazione con i coetanei e con gli adulti o nella comunicazione verbale.
“I have a dream”, qualcuno disse… sarebbe bello se questa fosse la normalità; condivisione d’intenti tra docenti e consapevolezza delle famiglie di quanto la scuola sta realizzando per i bambini.
Un vero e proprio patto educativo che possa diventare un “para-cadute” per il futuro scolastico.
Autore: Luciana Farneti
Docente e Funzione Strumentale BES e DSA Istituto Comprensivo Cornigliano Genova. Specializzata EPICT classe inclusiva e Bisogni Educativi Speciali