La disprassia non si presenta in tutti i bambini nella stessa forma, possono esservi forme differenti che a volte coesistono.
Il termine disprassia indica la difficoltà nel saper fare o compiere un’azione, implicando la capacità di organizzazione di azioni finalizzate al raggiungimento di precisi obiettivi.
La disprassia può manifestarsi tramite un ritardo nel raggiungimento delle tappe di sviluppo motorio, goffaggine nei movimenti, scarse capacità sportive o disgrafia.
Solitamente si arriva a una diagnosi in età scolare (a partire dai 6 anni), quando queste prestazioni inadeguate interferiscono in maniera significativa con i risultati scolastici (disgrafia o anche difficoltà di lettura a causa della difficoltà a coordinare i movimenti dello sguardo) o con le attività di vita quotidiana (vestirsi, allacciarsi le scarpe).
Come si presenta il bambino disprattico?
Si muove in maniera poco agile, spesso non sa usare le due mani in contemporanea e coordinare braccia e gambe, inciampa di frequente, ha difficoltà ad andare in bicicletta o impara tardi.
Non riesce a tenere in mano correttamente una matita e ha difficoltà a scrivere, non sa tagliare con le forbici, si distrae in continuazione e non sa organizzare giochi tranquilli che richiedono abilità di motricità fine e coordinazione oculomanuale.
Non riesce ad abbottonarsi la camicia o i pantaloni e quando vi riesce fa tutto con molta lentezza.
Però è un bambino vivace, curioso, un bambino che impara con piacere se sostenuto adeguatamente e che non aspetta altro che qualcuno lo aiuti a far emergere le sue potenzialità.
Possono riguardare le abilità di vita quotidiana oppure esistono le disprassie di sguardo che spesso sono correlate alla difficoltà di attenzione, in quanto manca la capacità di mantenere la fissazione su un oggetto o la condivisione di sguardo con l’interlocutore.
Possono inoltre riguardare le difficoltà grafomotorie (disgrafia) in particolare se il bambino scrive in corsivo in quanto è richiesto un maggiore impegno nelle abilità manuali e nella velocità; nonostante ciò, la disprassia nella scrittura non è correlata al disegno il quale può essere adeguato.
Qual è il vissuto di un bambino con disprassia?
Si tratta di un bambino che vuole riuscire ma non ce la fa, in quanto spesso lo svolgimento dell’azione sfugge al suo controllo. Guarda gli altri giocare, ma non è in grado di integrarsi, non riesce a giocare con la palla o a seguire le regole nei giochi di squadra. I bambini disprassici possono essere immaturi sul piano sociale.
Ho scelto di condividere la storia di ragazzino che seguo in trattamento da circa 3 anni. La sua difficoltà è principalmente nella manualità e nel coordinamento oculomanuale, avendo una disgrafia su base disprassica, pertanto abbiamo svolto per molto tempo un trattamento mirato di educazione al gesto grafico ed è migliorato molto, nonostante la fatica. Questo training ha permesso a lui e a genitori ed insegnanti di poter leggere e capire ciò che scriveva, è chiaro che questa evoluzione ha migliorato anche la sua autostima e reso più sicuro di sè.
Ha inoltre difficoltà ad organizzare il proprio lavoro ed il nostro obiettivo attuale sono le strategie di organizzazione della routine delle sue giornate. Ha moltissime potenzialità tra cui un’ottima memoria visiva e uditiva e riesce a ricordare molto della spiegazione degli insegnanti ma non riuscendo ad organizzare il suo studio ha imparato ad utilizzare il metodo delle mappe concettuali per approfondire le materie a casa. Attualmente ha ancora tanto lavoro di consapevolezza ed organizzazione da fare e so che arriveranno tante altre soddisfazioni.
Voglio ricordare che dinanzi a queste difficoltà è molto importante la rete di collaborazioni tra famiglia e scuola. Solo in questo modo si riesce a svolgere un buon lavoro a beneficio del bambino e/o ragazzo in trattamento. E’ importante che genitori ed insegnanti siano disponibili all’ascolto e alla collaborazione. Comprendere permette infatti di aiutare efficacemente.
Autore: Alessandra Verde